Articolo di Francesco Luigi Ferrari (strenuo oppositore cattolico al fascismo), sul delitto Matteotti, pubblicato il 29 giugno 1924 su Il “Domani d'Italia” (organo della sinistra popolare, fondato a Milano nel 1922 da F.L. Ferrari e Guido Miglioli).
"Riprendiamo la penna. In queste settimane di passione non abbiamo
voluto, non abbiamo dovuto scrivere. I fatti incalzavano in un vortice di
orrore, imponevano l'attento esame e la vigile attesa del loro sviluppo
tragico.
Oggi siamo qui per una sintesi del nostro pensiero, che, raccolta in questo
foglio, colla rievocazione più viva degli ultimi avvenimenti, va pure premessa
in un riassunto chiaro e preciso.
1) Ciò che agitò e turbò, fin nelle più profonde sue fibre, l'anima
italiana e la coscienza mondiale, coll'assassinio fascista di Giacomo
Matteotti, potrà essere da altri staccato e valutato come il più efferato dei
delitti politici; per noi, in esso culmina l'inevitabile e l'inesorabile realtà
di tutto il regime fascista, quale da vari anni abbiamo previsto e giudicato.
Pochi come noi possono avere la coscienza di affermare che nulla mai del
proprio spirito e della propria azione hanno concesso al fascismo fin dal suo
primo apparire nel torbido sommovimento della vita italiana. Non per settarietà,
né per reazione; ma per la convinzione chiara, sicura che il fascismo, idea e
metodo, uomini ed opere, nessun bene avrebbe prodotto e gradualmente o
rapidamente avrebbe invece portato se stesso ad ogni forma peggiore di
degenerazione e di abominio. Rifiutammo la promessa
"normalizzazione", negammo l'ostentata "moralizzazione". La
catena che condusse al misfatto di Roma, di volta in volta, anello per anello,
delitto per delitto, derivammo dallo studio obiettivo e preciso di quello che fa
il fascismo, che è, che sarà, se il sibilo possente dell'indignazione nazionale
ed universale non Io investirà e non lo travolgerà, per sempre.
2) Il crimine consumato sul lago di Vico ha realizzata e stretta l'unione
di tutte le forze libere e democratiche del paese. Ciò che noi auspicavamo come
una necessità e tendevamo a dimostrare come un dovere, i fatti più forti di
ogni ragionamento hanno compiuto. Non è un'alleanza, nel termine usuale della
collaborazione politica fra vari partiti. Chi giudica con questo criterio, come
fossimo dinanzi ad una situazione normale, non ne capisce nulla. Difetta
soprattutto di sentimento. L'unione, prima che nei partiti e nei gruppi
parlamentari, è nel popolo. Bianchi o rossi, i lavoratori, i martiri del
fascismo, sentono l'uguaglianza e la solidarietà del comune sacrificio. Nel
medio ceto, nelle classi intellettuali, la rivolta morale promana anche dalla
constatazione del danno che loro minaccia, della vergogna d'un regime che non
risparmiò nessuno spirito onesto ed indipendente ed incalzò nella distruzione
di quei valori morali che, con cinica declamazione e con velleità
anacronistica, diceva di promuovere e rafforzare. Questa unione ha un segno ed
un pegno tangibile nella "opposizione" parlamentare costituitasi fra
i gruppi di minoranza usciti dalle elezioni della vergogna e della frode.
Quest'unione che ha un valore ben superiore allo scarso numero di uomini che vi
partecipano, che non è solo un fatto politico, ma è un simbolo di fede e di
riscossa nazionale, deve restare e deve resistere: resistere e lottare finché
il popolo italiano non avrà riconquistato la sua libertà ed alla nazione non
sarà ritornato un regime conforme alla sua stessa costituzione statutaria. Chi
cede per qualsiasi vera o supposta seduzione è vile. Chi infrange questa unità
tradisce.
3) Il corso immediato degli eventi e il punto risolutivo di questa crisi di
Stato sono soggetto di studio appassionato e sincero in altra parte del
giornale. Si è pubblicato il "cartello" dei partiti e degli uomini
schierati e decisi per la battaglia suprema della liberazione dal fascismo.
Chi, come un giornale di Roma, la cui compostezza abituale non fu compagna in
questa circostanza alla perspicacia saggia dell'indagine, avanza il dubbio
insidiatore: "E dopo? Travolto il regime fascista e tolto il potere
all'uomo che lo detiene, non si piomberà nel buio più pericoloso?": chi
insinua questa incertezza, mentisce alla coscienza della grandissima
maggioranza del paese e ne rinnega la tradizione, la educazione, la
preparazione civile. Il dopo fascismo è il cammino ripreso nella libertà. Nella
libertà cesserà il terrore, si soffocherà la guerra civile che da tre anni ne
tormenta tutti, riacquisterà la patria prestigio e libertà. Chiunque teme e
chiede: "E dopo?" lo ripeterà sempre, per incapacità o per calcolo;
soprattutto per insensibilità spirituale. Non dice dunque nulla l'assassinio di
Matteotti, in cui si riflette il martirio di migliaia di sofferenti che nulla
implorano ancora se non la fine di questa obbrobriosa tirannide?...
4) Qualunque sorpresa ci riserbi il domani vicino o lontano, noi rimaniamo
fermi e decisi alla battaglia senza tregua e senza fine. Mussolini simulò
propositi di conciliazione e di legalità. Ne è incapace, anche se sincero come
non fu mai. Ed è umiliante per un popolo onesto e degno di raccattare una
offerta svergognata. Il popolo italiano non è barattiere.
L'Associazione per il controllo democratico, ente apolitico dove
confluiscono intelletti sereni e pensosi d'ogni parte politica ed anime accese
dall'idealità democratica, ieri, a Milano, esprimeva, in un telegramma alla
Opposizione parlamentare, il sentimento ed il voto che noi condividiamo.
"Resistere vuol dire vincere. Restar fermi e decisi e difendere la vittima
simbolica di Matteotti, vuol dire sotterrare il fascismo, che ne è artefice e
responsabile". Qualunque sia la sorte che ci attende, noi resisteremo. Ad
ogni prova".
Sito consigliato: http://archivio.cedoc.mo.it/ferrari/home.html
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