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Matteotti, il petrolio, Sinclair Oil e Standard Oil

Da Wikipedia: Nel corso dello svolgimento del primo processo, Dumini nulla disse della borsa di Matteotti che, al momento dell’arresto, gli venne sequestrata, pervenendo poi a De Bono (che l’avrebbe consegnata a Mussolini nel vano tentativo di sfuggire alla condanna a morte nel Processo di Verona). Come successivamente sostenuto da Renzo De Felice, tale borsa avrebbe contenuto alcuni documenti sui rapporti tra Vittorio Emanuele III e la compagnia petrolifera americana Sinclair Oil.
Secondo De Felice, Marcello Staglieno, Fabio Andriola, Matteo Matteotti e, con maggior prudenza, Guglielmo Salotti, le carte del dossier Matteotti sarebbero state gelosamente custodite da Mussolini, e furono inventariate fra quelle sequestrate dai partigiani a Dongo al momento della cattura di quest’ultimo il 27 aprile 1945. Tuttavia, tra i documenti sequestrati, quelli di Matteotti sarebbero andati perduti ed ogni sforzo dello storico reatino di recuperarli presso gli Archivi o il Ministero degli Interni è stato vano.
Successivamente, nel 1933, lo stesso Dumini, quando temeva di essere eliminato dal regime, scriveva e faceva pervenire ad alcuni legali in America una lettera-testamento con l'ordine di renderla pubblica in caso di sua uccisione. Dumini, in tale documento, ammetteva di avere ricevuto l'ordine di uccidere Matteotti, poiché nei vertici del fascismo si temeva che il deputato socialista, nel discorso annunciato per l'11 giugno in Parlamento, avrebbe denunciato la corruzione della convenzione tra lo Stato italiano e la Sinclair Oil, in cui – avrebbe dichiarato Dumini - era coinvolto Arnaldo Mussolini, il fratello del Duce. La lettera-testamento venne ritrovata ai National Archives di Washington da un ricercatore fiorentino, Paoletti, che la pubblicò sulla rivista "Il Ponte".
Per tali motivi, per quasi tutto il ventesimo secolo la storiografia ha tradizionalmente accettato la versione per la quale Matteotti sarebbe stato ucciso unicamente a causa del discorso di denuncia tenuto alla Camera, il 30 maggio 1924. Ma già alla fine degli anni novanta tale tesi è stata messa in discussione dall'altra secondo la quale Mussolini dette l'ordine di assassinare il deputato socialista, per impedire che Matteotti denunciasse alla Camera il grave caso di corruzione esercitato con successo dalla compagnia petrolifera americana Sinclair Oil, fungente in quell'occasione da battistrada degli interessi della più potente Standard Oil, nei confronti dello stesso Mussolini, e di alcuni gerarchi fascisti a lui vicini.
Il governo italiano, infatti, poche settimane prima del delitto, aveva concesso alla società petrolifera americana Sinclair Oil (al tempo sostenuta economicamente da alcuni dei principali gruppi finanziari di New York, tra cui la banca di John Davison Rockefeller, presidente e fondatore della Standard Oil) l'esclusiva per la ricerca e lo sfruttamento di tutti i giacimenti petroliferi presenti nel territorio italiano, in Emilia e in Sicilia (RDL n.677 del 4 maggio 1924). Le richieste della Sinclair Oil per poter effettuare scavi in diversi territori della penisola, prevedevano condizioni estremamente vantaggiose per la Sinclair stessa (come la durata novantennale delle concessioni e l'esenzione da imposte).
Da parte del governo italiano vennero scelti come mediatori per trattare l'accordo un insieme di politici, imprenditori e diplomatici (tra cui i ministri dell'economia nazionale Orso Mario Corbino e dei lavori pubblici Gabriello Carnazza) strettamente collegati tra di loro da imprese commerciali (molte delle quali attive proprio in Sicilia), conflitti di interesse e legami con diversi gruppi finanziari ed aziendali statunitensi (tra cui la casa Morgan, uno dei finanziatori della Sinclair Oil). I responsabili italiani, seppur con pareri leggermente diversi e nonostante le condizioni palesemente vantaggiose per la Sinclair, appoggiarono tutti l'idea dell'accordo. La possibile presenza della Sinclair Oil sul mercato italiano destò la preoccupazione degli inglesi della Anglo-Iranian Oil Company (controllata dal governo britannico), anche loro interessati allo sfruttamento di possibili giacimenti.
Sulla scia della interpretazione di Mauro Canali risalente al 1997, anche il giornalista ed ex dirigente dell'ENI Benito Li Vigni in un successivo saggio del 2004, Le guerre del Petrolio, in cui dedica alcuni capitoli alla situazione del mercato petrolifero nell'Italia degli anni venti, collega l'affare Sinclair con la morte di Matteotti. Agli inizi degli anni venti l'80% del fabbisogno di idrocarburi italiano era garantito dalla Standard Oil, tramite la Società Italo-Americana pel Petrolio, mentre il restante era fornito dalla filiale italiana della Royal Dutch Shell. Secondo Mauro Canali, la Standard Oil avrebbe stipulato un accordo sottobanco con la Sinclair Oil, delegando ad essa l'operazione in Italia diretta anche a bloccare la temuta espansione inglese sul mercato italiano.
Successivamente, timorosa che progressi inglesi nel mercato italiano potessero essere coronati da successo, soprattutto se la Sinclair Oil si fosse trovata in difficoltà a causa dello scandalo che la stava travolgendo negli USA, avrebbe deciso di intervenire in Italia direttamente, proponendo prima nel febbraio del 1923 una convenzione per la ricerca del petrolio italiano, senza successo, e successivamente associandosi con la Banca Commerciale Italiana e richiedendo i permessi per esplorazioni in diversi territori, tra cui la Sicilia, dove erano ancora pendenti le richieste della Sinclair. A conferma di questa tesi Mauro Canali documenta come Filippo Filippelli, (personaggio molto influente, legato economicamente ad Arnaldo Mussolini di cui gestiva le fonti di finanziamento, fondatore del Corriere Italiano, giornale a cui peraltro era stato intestato il noleggio dell'auto con cui venne prelevato Matteotti) pochi giorni prima della stipula della concessione, avesse ricevuto una prima rata di alcuni milioni di lire, a cui ne avrebbero dovute seguire altre, dalla Società Italo-Americana pel Petrolio, ovvero proprio la filiale italiana della Standard Oil.
A rendere ancora più complessa la situazione si aggiunse un'inchiesta negli Stati Uniti su una possibile corruzione portata avanti dalla Sinclair Oil per ottenere il controllo di un pozzo rienuto di valore strategico nei pressi della Teapot Rock nello stato del Wyoming. L'inchiesta si concluse solo alcuni anni dopo, nel 1929, con la cancellazione della concessione e la condanna del rappresentantante del gabinetto di governo che aveva firmato la concessione, il senatore repubblicano Albert B. Fall (la prima condanna al carcere della storia statunitense per chi ricopriva ruoli nel gabinetto presidenziale) e del presidente della Sinclair, Harry Ford Sinclair. Le notizie di queste scandalo, che negli USA stava suscitando un grande scalpore, non ebbero però molto risalto nei media italiani, forse per non rovinare la possibilità dell'accordo con la compagnia petrolifera.
Il governo italiano nella primavera 1924 accelerò la stipula degli accordi con la Sinclair Oil, che furono firmati il 29 aprile e ratificati dal consiglio dei ministri e dal parlamento pochi giorni dopo. In cambio di tangenti, la Sinclair avrebbe inoltre ottenuto di non permettere a un ente petrolifero statale di intraprendere trivellazioni nel deserto libico.
Il governo inglese (che aveva ottenuto i dettagli dell'accordo tra Sinclair Oil e governo italiano fin da prima che questi venissero ratificati ufficialmente e resi pubblici) percepì la concessione come un attacco diretto ai propri interessi e sui media britannici del tempo questo accordo venne pesantemente criticato. Proprio durante questa violenta campagna stampa contro l'operato dell'Italia, Matteotti effettuò un viaggio in Inghilterra: secondo Mauro Canali, durante questo viaggio il politico socialista avrebbe acquisito (forse da fonti vicine ai Laburisti) le prove della corruzione presente nell'affare Sinclair, o per lo meno avrebbe completato le informazioni già in suo possesso. Li Vigni, a sua volta, fa notare che la tesi, in base a cui la fonte delle informazioni sulla corruzione fosse inglese, venne citata dopo la morte del politico sia dai quotidiani statunitensi, sia dalle stesse fonti vicine al partito fascista (l'articolo non firmato La grande piovra del Popolo d'Italia, sull'edizione del 10 agosto 1924), in questo caso incolpando "la mano stessa che forniva a Londra all'on Matteotti i documenti mortali (petroli - prestito polacco - buoni germanici ecc.)" di essere anche la mandante dell'omicidio.
La tesi che legava l'omicidio di Matteotti al timore di denunce della corruzione venne ampiamente sostenuta dalla stampa inglese, soprattutto da quelle politicamente vicina ai Laburisti: proprio l'organo di partito del Labour, il Daily Herald, accusò apertamente Arnaldo Mussolini di essere tra i politici destinatari di una tangente di 30 milioni di lire pagata dalla Sinclair Oil per ottenere la concessione. Sulla rivista English Life venne pubblicato postumo un articolo di Matteotti in cui il politico aveva affermato di avere la certezza che vi era stata corruzione tra la Sinclair Oil e alcuni esponenti del governo, di cui avrebbe potuto rivelare l'identità. Mussolini comunque decise di cancellare gli accordi con la Sinclair Oil nel novembre del 1924. Secondo lo studio di Canali, la vedova Velia Matteotti, e i figli Giancarlo e Matteo non accusarono mai Mussolini, neppure dopo la sua uccisione e la caduta del regime nel 1945 e - cosa altrimenti inspiegabile e straordinaria - non si costituirono parte civile nemmeno al processo del 1947, in quanto il fascismo (che però nel 1947 non esisteva più) ne aveva comprato il silenzio. Secondo la documentazione di Canali, infatti, la famiglia Matteotti, in quel momento in una situazione finanziaria drammatica ed a rischio bancarotta, avrebbe ricevuto alcuni milioni dalla polizia fascista; la vedova si sarebbe in cambio impegnata all'acquiescenza nei confronti del regime, a non espatriare e ad interrompere tutti i rapporti con il mondo antifascista esule. L'ultima prova di ravvedimento che il regime volle fu che uno dei figli, che fino ad allora erano andati tutti e tre in scuole private, si iscrivesse e frequentasse una scuola pubblica. Cosa che puntualmente avvenne. (si trattò di Matteo, che venne iscritto al Liceo Mamiani di Roma).
« I familiari di Matteotti hanno sempre sospettato che mandante dell'omicidio fosse re Vittorio Emanuele, secondo loro proprietario di quote della Sinclair. Invece, io sono giunto alla conclusione che fu proprio Mussolini, che aveva intascato tangenti direttamente da questa operazione, a ordinare l'eliminazione del suo avversario politico. Il fatto che gli americani avessero individuato nella Ipsa la società con la quale Mussolini gestiva i profitti dell'estrazione del petrolio conferma un dato importante del consolidamento della sua posizione personale e del movimento fascista. »
(Mauro Canali, intervista ad Oggi 2000, n° 51, di Gennaro De Stefano)

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