Uno dei primi, e più incisivi, ritratti biografici di Giacomo Matteotti fu sicuramente quello scritto ed edito da Piero Gobetti, dato alle stampe nei primi giorni dell'agosto 1924.
Le copie superstiti di quella lontana edizione, che fu vittima di numerosi sequestri e distruzioni, sono ormai rarissime. Eccone la copertina:
A colpire l'attenzione è sicuramente il motto, in caratteri greci, impresso a centro pagina e destinato a comparire in tutte le pubblicazioni della collana diretta da Gobetti.
La sua traduzione in italiano è: "Che ho a che fare io con gli schiavi?"
La misteriosa frase è tratta da una lettera del 1801 di Vittorio Alfieri, poeta e drammaturgo su cui lo stesso Gobetti aveva condotto la prorpia tesi di laurea pochi anni prima.
L'impostazione grafica fu disegnata dal pittore Felice Casorati.
Nella domanda rivolta al lettore evidentemente si sovrappongono il rifiuto antitirannico di Alfieri, che visse con delusione gli esiti della rivoluzione francese, e la ferma opposizione di Gobetti ad ogni compromesso con il nascente regime fascista.
Le copie superstiti di quella lontana edizione, che fu vittima di numerosi sequestri e distruzioni, sono ormai rarissime. Eccone la copertina:
A colpire l'attenzione è sicuramente il motto, in caratteri greci, impresso a centro pagina e destinato a comparire in tutte le pubblicazioni della collana diretta da Gobetti.
La sua traduzione in italiano è: "Che ho a che fare io con gli schiavi?"
La misteriosa frase è tratta da una lettera del 1801 di Vittorio Alfieri, poeta e drammaturgo su cui lo stesso Gobetti aveva condotto la prorpia tesi di laurea pochi anni prima.
L'impostazione grafica fu disegnata dal pittore Felice Casorati.
Nella domanda rivolta al lettore evidentemente si sovrappongono il rifiuto antitirannico di Alfieri, che visse con delusione gli esiti della rivoluzione francese, e la ferma opposizione di Gobetti ad ogni compromesso con il nascente regime fascista.
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