[Fonte: Vera
Modigliani, “Esilio”, Garzanti, Milano 1946, pp. 5 ss.]
Tutto in lui era
elegante e signorile. Aveva la mano lunga e un po’ scarna, ma non ossuta. Nel
gesto, la teneva aperta, distesa, le dita un po’ discoste, in modo che se ne
poteva vedere l’intera sagoma. Erano, le sue mani nette, mani pure. La testa,
sul collo piuttosto esile, non era grande. Non so se obbedisco ad una
suggestione postuma dicendo che non rivelava, più dall’usato, la propria struttura
ossea: il teschio, dalla fronte alta, leggermente elevato sul vertice; le
orbite infossate; la forma della nuca appena coperta dai capelli neri, non
folti, un po’ crespi; le gengive che scoprivano nel sorriso i denti bianchi e
sani, dai canini appuntiti. Povero teschio martoriato, calpesto! Era in
Matteotti, nella fronte, nel colorito, nei capelli un po’ grigi alle tempie,
qualcosa di precocemente invecchiato, forse sui libri, forse consunto da una
fiamma di passione contenuta. Ma era giovanissimo nella figura sottile e
slanciata, nell’agilità delle membra, nell’espressione del sorriso e degli
occhi. Gli occhi di Matteotti! Splendenti, radiosi. L’iride di un colore blu
zaffiro, incastonava la pupilla nerissima ed aveva veramente lo splendore di una
pietra preziosa, senza averne la durezza.
*Foto: Vera e
Giuseppe Emanuele Modigliani con il sindaco di New York, Fiorello La Guardia
(1934)
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