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Ventimila italiani sono accorsi pienamente a Fratta Polesine


Ventimila italiani sono accorsi pienamente a Fratta Polesine intorno alla salma di Giacomo Matteotti vittima olocausta della libertà [“Il Popolo Veneto”, 22 Agosto 1924]
L’omaggio della terra natia
Fratta Polesine, patria di martiri e di eroi, tra i quali Oroboni che Pellico vide morire allo Spielberg, ha accolto oggi le povere ossa di un nuovo martire: di GIACOMO MATTEOTTI ed ha dato ad esse onorata e degna sepoltura.
Manifestazione solenne, austera, dignitosa, frutto di spontaneità commovente, ad essa ha partecipato tutto un popolo, affratellato in un unico dolore ed in un unico rimpianto.
Ironia delle cose umane! Coloro che lo soppressero credevano di spegnerne la voce accusatrice implacabile e non mai come ieri e stamane la voce squillante di questo Eroe fu sentita lontano lontano nelle fertili campagne della sua terra.
Migliaia e migliaia di lavoratori da due giorni accorsero a Fratta per dare alla sua salma l’ultimo saluto: uomini, donne, bambini al passaggio della croce che precedeva la bara - in un impeto di fede - si inginocchiavano e pregavano pace eterna a questo morto che è ancora vivo, a questa voce spenta, che parla ancora con tanta eloquenza.
E tutti erano presi da questa onda di commozione sincera, cui nessun stimolo partigiano aveva concorso a rendere più intensa, ma che scoppiava irrefrenabile e faceva empire gli occhi di lagrime a quanti assistevano allo spettacolo indimenticabile.
Perché è morto? Perché lo hanno assassinato?
Il popolo risponde a questi perché con la sicurezza del vero, con la certezza del giusto: rivive nella mente di ciascuno la tragedia senza nome di questo triste periodo della nostra vita politica: il ratto, la lotta impari, l’assassinio feroce, il grido che rimarrà come un monito “uccidete me, ma la fede che c’è in me non la ucciderete mai”., riecheggia in quest’ora e riafferma la superiorità dello spirito sulla forza.
GIACOMO MATTEOTTI diventa un simbolo, la sua figura si spiritualizza, vorrei dire (senza mancare di rispetto alla sua fede) che in lui si è straziato e colpito qualche cosa che è comune a ciascuno di noi, che è patrimonio di tutti, conquista incancellabile di secoli, di lotte e di martirii: onde il suo nome passa alla storia con l’appellativo decretatogli ormai dai contemporanei: Martire per la liberta!
Così lo ha pianto tutto il Popolo del suo Polesine, così lo invocano i forti lavoratori di questa terra ferace, i quali hanno saputo dare ieri, con una manifestazione di una solennità senza pari, anche una prova di compostezza che deve essere rilevata a soddisfazione di quanti hanno fede nel popolo e nella sua graduale ma continua acensione.
Non una parola, non un grido, non una invettiva: lagrime e fiori, fiori e lagrime: le donne colsero tutti i fiori dai loro giardini e ne copersero la bara, mentre altre donne ne sottraevano furtivamente qualcuno per portare con se un pietoso e caro ricordo.
Durante il corteo un silenzio che impressiona: nella Chiesa severa un sommesso recitar di preci: solo al Camposanto, prima di deporre la bara nella estrema sepoltura, un grido, fino allora compresso, scoppiò tra i singhiozzi della folla inginocchiata: Viva Matteotti! Viva la libertà!
Compiuto il rito, recitate dal sacerdote le ultime preghiere dei defunti, la folla (forse ventimila persone) si disperse così senza che anche il minimo incidente venisse a turbare la pietosa cerimonia.
***
Certo che il merito maggiore di aver diffuso tra il popolo un così vasto senso di bontà, di aver acuito soltanto il senso dell’amore e di aver fatto tacere il sentimento anche più umano della vendetta spetta ad una Donna, veramente grande nel suo immenso dolore, veramente nobile per l’altezza sublime a cui la sua anima ha potuto giungere.
Forte, di una forza italiana e romana, Velia Matteotti, ha voluto accompagnare il marito fino all’ultima sepoltura e, quando la folla accennò a gridare tutto il suo strazio e tutto il suo dolore, nel piccolo pronao della tomba ove il sarcofago era stato collocato, comparve la Donna in gramaglie, una Donna che in una mano aveva la corona del Rosario e quella donna impose a tutti con la sua presenza il silenzio e per lei, che non aveva voce sufficiente, parlò un congiunto e domandò a tutti i presenti di non turbare la santità del luogo con grida di qualsiasi genere. Poiché la folla non accennava a disperdersi, ancora la stessa voce chiese ai presenti di tornare, per l’amore del morto, alle proprie case.
E la folla obbedì: prima però di lasciare il recinto, uomini e donne furono visti inginocchiarsi ai piedi di questa Donna e baciarle le vesti e le mani in atto di indefinibile amore.
Oh! Donna, degna in tutto del sacrifizio del tuo Eroe, tu sei stata davvero in questi giorni e perfino nelle ultime ore della grande manifestazione, benemerita della Patria, tu hai infuso oggi a quanti ti hanno visto sensi di bontà, di religione e di amore e, per le tue preghiere, la Provvidenza, che sa trarre dal male il bene, saprà dare pace e concordia questo nostro tribolato Polesine.
Il sacrificio di Giacomo Matteotti, che del Polesine fu figlio amoroso, che il nome della terra natale onorò con l’impegno e con le opere, con la vita e con la morte, ciò reclama imperiosamente col comandamento che non ammette diserzioni: quello dei morti!
***
La manifestazione di ieri sia a tutti esempio e monito! Guai se all’orribile delitto non fosse fatta piena e completa giustizia! Guai se i colpevoli non venissero colpiti in modo esemplare e sollecito!
Se gli autori di questo delitto, che non hanno avuto alcun senso di pietà, che hanno dimostrato di aver cuore tanto indurito, da tacere perfino per due lunghi mesi il luogo dove avevano dato così inumana sepoltura ai poveri resti mortali del Martire, trovino fuori del carcere solidarietà palesi od occulte, dirette od indirette e giustizia intera non fosse fatta, il senso di sdegno compresso, ma profondo, che freme nel cuore del popolo, finirebbe con l’esplodere.
Il popolo oggi a Fratta Polesine, nel nome di GIACOMO MATTEOTTI chiedeva: GIUSTIZIA E LIBERTA’! Dare soddisfazione a questo voto ardente di tutto un popolo laborioso e pacifico è oggi il primo dovere verso la Patria.

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