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L'ammonimento della Provincia di Pino Bellinetti (Corriere del Polesine)

Corriere del Polesine, quotidiano politico, 21 agosto 1924 seconda edizione, prima pagina
Nel cimitero di Fratta Polesine
la salma di Giacomo Matteotti trova la sua pace eterna
L'ammonimento della Provincia
Dall'Aventino, scesero a valle, le opposizioni. Con le bisaccie cariche di malefizio. Dal monte tribolato, alla piana silente e pomposa di verde, scesero gli oppositori e pensosi ristettero a commentare la grande lezione degli umili contadini. Quando il treno tragico sostò nella stazione, e la salma raccolta dalla pietà che piange e prega, uscì dall'ombra del vagone, per bere anche una volta tutta la luce del suo sole, non un grido, non una parola, turbarono la folla.
La commozione, che parte dall'anima e che non à bisogno di elocubrazioni cerebrali per regolare la sua intensità, non è rumorosa. I cittadini del Polesine, che alla bara di Giacomo Matteotti, vollero recare un fiore più vivo e un pensiero più intenso, così e non altrimenti ànno piegato il ginocchio per la preghiera inespressa.
Che dissero gli uomini dalle bisaccie cariche di malefizio? S'attendevano gli applausi. Si volevano le bandiere della rivolta. Si sperava nella dimostrazione. E sembrava che gli oppositori, interrogassero le strade e ai fantasmi di strane visioni, additando la bara dicessero: "ecco la salma, strappatela alla nostra complice custodia, strappatela, e portatela per le vostre piazze, per le vostre case, mostratela al popolo, e insorgete in nome del morto e uccidete in nome del morto".
E la madre che attende? E la vedova che trascina i suoi dolori per i cimiteri d'Italia?
Non importa. Matteotti non è il figlio della madre, non nè lo sposo della vedova. I suoi resti servono a noi; abbiamo ancora bisogno di un cadavere per giustificare la carneficina di domani.
Tale è il linguaggio dell'opposizione.
Certo che dal funerale di Roma, gli avversari si ripromettevano, non l'apoteosi del morto, ma il trionfo dei vivi.
Invece di Roma, il convoglio funebre conobbe le vie tranquille della provincia. Vennero i contadini, dai campi non abbandonati, a sostare per un attimo attorno alla bara di Giacomo Matteotti, per compiangere la giovinezza stroncata dalla battaglia, nella speranza che l'alta invocazione della Dolente trovi nel cuore dei fratelli la strada della pace vera. Vennero, senza pensare alla politica, senza pensare a quello che si attende da loro, per un ingenuo sentimento di bontà. Nient'altro. La bontà generosa del nostro popolo sa raccogliere sulle zolle sudate, il fiore selvaggio, per tutte le tombe dischiuse dalla forza.
Questo è stato il sereno monito del triste funerale.
Questa è la voce della provincia, ove non arrivano gli echi delle furibonde lotte della città, questo è il pensiero di chi non è ancora contaminato da nessuna speculazione.
Ritornino sull'Aventino gli uomini della opposizione con le bisaccie del malefizio.
Ma se nelle bisaccie ritrovano uno di quei fiori selvaggi strappati ai campi dalla ingenua gentilezza del nostro popolo, e in esse caduto per caso, il suo profumo, ricordi ai signori della battaglia a qualunque costo, l'alto ammonimento della provincia.

Pino Bellinetti
Corriere del Polesine - quotidiano politico
Corriere del Polesine - quotidiano politico
P.S. Pino Bellinetti, il giornalista, è stato futurista, interventista e poi il fondatore dei Fasci di combattimento a Rovigo nell’ottobre del 1920 ma è un fascista anomalo: il Partito lo ha già espulso più di una volta per i suoi comportamenti non obbedienti. (da REM)

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