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Le estreme onoranze a Matteotti. L'imponente corteo

Popolo e Libertà giornale del partito conservatore-democratico ticinese, venerdì 22 agosto 1924
Le estreme onoranze a Matteotti. L'imponente corteo.
Fratta Polesine 21. - Le onoranze alla salma di Giacomo Matteotti si sono conchiuse stamane con un rito di una grande commovente semplicità, come era negli intendimenti della vedova, alla quale anche ieri sera le autorità hanno chiesto le disposizioni, perché tutto procedesse secondo il suo pietoso proponimento.
La salma ha compiuto il suo ultimo viaggio, lasciando per sempre la sua casa e raggiungendo il silente cimitero, oltre il paese di Fratta, in mezzo ai campi della piana ubertosa, fra siepi fiorite e pioppi carichi di tralci.
La salma, che era stata fino al tramonto di ieri meta di un pellegrinaggio ininterrotto di visitatori, restò poi vigilata a turno da pochi familiari e intimi amici, mentre continuavano a giungere corone e mazzi di fiori. La vedova Matteotti, appena giunta ieri sera a Fratta, volle subito visitare la camera ardente e vi fu accompagnata dalla madre: le due donne si sono incontrate sulla soglia della casa e sono rimaste a lungo avvinghiate in un abbraccio senza parole.
Dinanzi alla bara, quasi sommersa nel cumulo delle ghirlande, esse rimasero immobili, mute, per qualche istante. Poi, con un gesto simultaneo, entrambe si abbandonarono sul feretro e la stanza funebre risuonò ancora di singhiozzi e di gemiti. Titta Ruffo e le sorelle Steiner dovettero intervenire per allontanare dal luogo le due dolenti e mettere tregua allo spasimo tormentoso.
Durante la notte la salma fu vegliata dalle cognate e da pochi altri intimi.
Dall'alba del giorno dei funerali è incominciato il pellegrinaggio della folla nella Camera ardente. Da parecchie località, anche lontane, giunsero gruppi popolani, operai e contadini. C'è stata una vera profusione di fiori. Alle 9.30 fu organizzato il mesto corteo, aperto da un plotone di carabinieri, seguito da un battaglione del genio con la baionetta innestata. Seguiva un gruppo di bambine dell'Opera pia "La Provvidenza" di Fratta, che recavano la croce abbrunata. Immediatamente dopo veniva il clero salmodiante, l'arciprete di Fratta e cinque parroci delle parrocchie vicine; seguiva poi una grande corona di rose rosse della madre dell'estinto.
Indi il feretro, portato alternativamente da parenti e colleghi del deputato ucciso; dopo il feretro portato a braccia, la corona della vedova, tutta di fiori bianchi. La vedova Matteotti seguiva il feretro, sorretta dai famigliari, e intorno a lei era un folto gruppo di operaie e contadine di Fratta con la testa avvolta nel velo nero.
Fiancheggiavano la bara valletti della Camera in uniforme e con torce accese; l'on Badaloni, in rappresentanza del senato, l'on. Miari, in rappresentanza della Camera, il cav. Castiglia, commissario di Fratta. I deputati giunti ieri a Fratta non hanno partecipato ufficialmente ai funerali, per protesta contro le misure del governo, tuttavia parecchi di essi erano mischiati nella folla.
Dietro la vedova dell'on Matteotti, con il gruppo delle donne, seguiva una automobile nella quale aveva preso posto la madre del deputato assassinato. La signora avrebbe voluto seguire il feretro a piedi, ma le forze le sono venute meno proprio nel momento in cui il corteo si iniziava e allora ha voluto ad ogni costo, seguire il corteo in automobile.
Quindi seguiva una colonna interminabile di corone, circa 150, precedute da una grandissima della Camera dei deputati: si notava la corona del comune di Roma, poi un'altra del comune di Fratta. Si notava pure un gran numero di corone mandate dai diversi Comitati di opposizione delle città del Veneto, de leghe dei mestiere, da sezioni del partito socialista unitario.
La folla ha fatto ala reverente al passaggio del corteo e poiché quasi tutte le persone portavano tra le braccia dei fiori, il corteo ha sfilato in mezzo a una siepe fiorita.
Il corteo si è snodato per le vie del paese ed è poi entrato nel viale, fiancheggiato dai campi, che conduce alla chiesa. Il vasto tempio era stato parato sobriamente con panneggiamenti di velluto nero. Nel mezzo di esso era stato predisposto un catafalco.
Il corteo, che ha compiuto circa un chilometro di percorso lentissimamente, è arrivato alla chiesa alle 10,30. Nel tempio, per quanto vasto, non hanno potuto prender posto che le rappresentanze, i parenti, gli intimi e tutti i portatori di fiori. Il feretro è stato deposto sul catafalco. I parenti si sono seduti sopra sedili coperti di gramaglie, preparati dinnanzi all'altare maggiore. Tanto la madre che la moglie del defunto hanno voluto assistere a tutto il servizio funebre, che è stato celebrato dall'arciprete don Giovanni Ruti1.
Dopo l'assoluzione impartita alla salma, è stata celebrata la messa cantata dei defunti, con accompagnamento di "armonium" e di canti liturgici, cantati dalle bambine dell'Opera pia "La Provvidenza". La folla ha assistito al rito gremendo la piazza sottostante alla chiesa.
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Ieri mattina, terminata la mesta cerimonia, in Chiesa, il lunghissimo corteo si ricompose per avviarsi al cimitero, attraverso i campi, in una larga viottola delimitata a tratti da siepi di biancospino, a tratti da fosse riempite dall'acquazzone. Anche qui la folla è addossata alle siepi o sosta sulle prode. Molti giovani e ragazzi si sono arrampicati sui pioppi e di lassù spargono fiori sul corteo.
A cinquanta metri dal cimitero, che s'apre su un quadrivio di viottoli ombrosi di cipressi e salici, i carabinieri hanno sbarrato l'accesso per vietarlo alla moltitudine. Era intendimento delle autorità che nel cimitero avessero ad entrare con la bara, solo i familiari e le rappresentanze ufficiali; ma la folla non vuole intendere questa restrizione. La bara ha appena varcato il cancello che la folla impetuosamente preme, ondeggia, irrompe come una fiumana.
Invano funzionari e militi cercano di trattenerla.
I più agili scavalcano il muretto di cinta e in breve tutto il cimitero è gremito.
- Viva Matteotti! - si grida. - Viva il martire, Viva la libertà!
Il grido è udito e raccolto dalla folla innumere che sosta fuori ed è ripetuto a gran voce.
Ora il feretro è sulle spalle di otto giovani: operai e compagni di fede di Matteotti. Con atto simultaneo e improvviso, gli otto portatori sollevano in alto la bara con le braccia protese al cielo come un'offerta. Il gesto è ripetuto tre volte, e la folla vicina e lontana prorompe in nuove grida.
Il feretro ora è giunto alla meta. Nel fondo del cimitero è una cappella di costruzione recentissima, della Famiglia Trevisan Monti di Fratta e da questa messa a disposizione della signora Matteotti fino a quando non sarà edificata la tomba del Martire. Il feretro vi è introdotto e posato sopra una arca di marmo scolpito.
Entrano nella cappella la vedova, il comm. Titta Ruffo, il sig. Steiner e pochi altri e ricoprono la bara di fiori. Poi la vedova chiede di restar sola un istante. Nel silenzio religioso della folla, che ora quasi trattiene il respiro, si vede, al di là della porta, nella semi-oscurità dell'edificio funebre, la figura della vedova, l'immagine stessa del dolore, inginocchiata dinnanzi all'arca. Sul marmo immacolato ella scrive queste parole:
"Sia la tua estrema dimora il mio cuore - Tua eterna camera ardente la vita dei tuoi figli - Premio del tuo martirio la fiaccola aulente di tutto il popolo che esalta il sacrificio tuo - e dell'Italia onesta e redenta dalla schiavitù".
Poi la vedova si risolleva, senza lacrime e senza parole ed esce dalla cappella come un'ombra.
La commozione è intensa e tutti i volti sono irrigati di lacrime.
Poi la vettura si allontana fendendo a stento la folla che può alfine irrompere liberamente nel cimitero per recare altri omaggi di fiori e di lacrime sulla tomba ancora dischiusa.
La bara soltanto nel pomeriggio è stata calata nella cripta sotterranea della cappelletta, ove resterà provvisoriamente tre o quattro mesi, il tempo necessario per edificare il monumento in altra parte del cimitero su un terreno già acquistato dalla famiglia Matteotti.
Compiuta la tumulazione provvisoria i cancelli del cimitero sono stati riaperti e il pellegrinaggio è durato foltissimo sino al tramonto.
Popolo e Libertà - giornale del partito conservatore-democratico ticinese
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1 - Ne L'Epoca si scrive don Giovanni Rudi.

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