Stabat mater dolorosa... di Gigi Damiani su La Difesa delle Lavoratrici Giornale delle Donne Socialiste "Per augusta ad augusta" Milano, 1 settembre 1924 in seconda pagina
"El me scriveva sempre... El me diceva: Cara mama... Come te vojo ben!... Oh si, tanto ben el me voleva... E l'ha vossuto venir quassù a trovarme morta!... El riposerà coi so cari... visin ai so compagni..." La Madre
Con un rettangolo fiammante di luce una porta si è aperta nella notte e su quel rettangolo si è profilata, fatta avanti, a scrutar fuori, una donna.
E' un'ombra che guarda nell'ombra: nell'ombra che scende sul giardino di Europa. Intendete bene: sull'ombra di Europa e non sul cinese giardino dei supplizi... Certe distinzioni è necessario farle perché i fatti potrebbero provocare confusioni... di paesi e di sistemi.
Noi non siamo in Cina, o signori, noi siamo nel giardino d'Italia, nella patria di Beccaria!
Ma non gridiamo alto, non rompiamo con le nostre voci di amarezza il silenzio lugubre di questa notte italiana.
Il silenzio? Ma qualcuno singhiozza ed il singhiozzo sembra un rantolo. Non udite forse?
Si, udiamo. Ed ascoltiamo anche quelli che sono lontani. Quel singhiozzo non è la pausa di un pianto che dura da due mesi. E' il rintocco lugubre di una campana colossale che suona a morto. Direte che il suo suono è flebile e che è destinato a perdersi nell'aria umida della campagna che si allarga all'intorno... No, no: quel suono che è un rantolo in questo stesso momento si ripercuote in tutti gli echi d'Italia e chiama ad un funerale che è una resurrezione.
E' una madre, o signori, che piange.
Una madre? Quante madri non piangono così; quante non hanno pianto come quella in questi ultimi tre anni?... Quante... meno una; meno quella che a Carrara non ebbe tempo per piangere, perché fu pugnalata sul cadavere caldo del figlio?
Giusto; voi dite giusto.
Ma questo non toglie che la storia, di tanti in tanti secoli, in una data ora, ci dia la mater dolorosa, che diventa un simbolo, perché si trasforma nell'umanità che piange su di un cadavere che risuscita e sopravvive come un mito.
- Fantasia... letteratura... vaneggiamenti... la realtà vera è più piccola; triste, ma più piccola. La realtà vera...
- Come volete. E diciamo pure, se ciò può tranquillizzarvi, anzi accecarvi, diciamo pure che la sola realtà vera è il profilo scuro di quella donna che spezza quel rettangolo di luce, in quella porta aperta sulla notte.
Una donna come altre donne, se vi accomoda; una madre, come tante altre madri... Vedete! Niente di straordinario. Le sue braccia si aprono come se dovessero abbracciare qualcuno... e restano aperte così in un'attesa che sarà di ore. Quella madre attende...
Attende da tre anni. Attende un esule, un messo al bando: suo figlio. Da tre anni ha dovuto allontanarsi dalla terra che lo vide nascere e crescere: dalla ristretta terra paesana.
Una volta in tempi borbonici e croati si era esiliati fuori dalla patria: oggi dopo Vittorio Veneto, si è esiliati dentro la patria. Ogni città d'Italia oggi alberga i profughi di un'altra città d'Italia. I cultori della Famiglia, con lettera maiuscola, spezzano con l'accetta del fascio littorio la famiglia vera, quella con la lettera minuscola, ma cogli affetti che sanno tutti gli spasimi e tutte le speranze. E non perché vi sia una legge d'eccezione che imponga l'abominio di mille domicili coatti.
Ma perché vi sono degli ex-internazionalisti che così vogliono, per dimostrare che nella loro baronia il padrone - e becero e tracotante - sono me.
Si dice: anche nel medio evo era così.
Dante da Firenze andò a macerare l'esilio a Ravenna. Ma allora perché si nega la retrocessione storica?
Il medio-evo? Non calunniamolo: ha in suo favore troppe eccezioni. Era largo di salvacondotti per chi doveva asciugare una lacrima, o seppellire una persona cara. Allora si poteva qualche volta tornare nella piccola patria senza essere vilipesi, sputacchiati e ricacciati via a bastonate. In ogni caso: allora il bando era legale. Chi lo affrontava lo aveva previsto. Oggi no. Oggi la legge punisce chi obbliga violentemente altri ad allontanarsi dal paese natio... Ma... credete alle leggi!
Vero che se gli anarchici vi dicono che esse sono una burla atroce, non mancano giudici che condannano gli anarchici. Ma nella realtà della vita che oggi si vive in Italia, la legge scritta è una ipotesi, mentre il bando è il fatto vero che non si smentisce anche se i commissari di P.S. strappano dalle corone votive i nastri su cui è un distico che parla di profughi...
Ma non facciamo il processo al regime.
C'è il sequestro.
C'è la prigione.
C'è il randello.
C'è la rivoltella.
Ovverosia: c'è l'era nuova. Inorridite, ma tacete. Chi tace consente.
Però in Italia anche i morti cominciano a parlare. Fatalmente. Perché è nella sua storia e nei suoi canti...
Ricordate?
"Si scopron le tombe...
si levano i morti..."
Ma ritorniamo a quella madre che attende, che scruta nella notte. Aspetta il figlio; il figlio che non poteva tornare.
Italiana lei, italiano il figlio... ambedue viventi in Italia. Ma lui da tre anni non poteva, non doveva tornare nella casa paterna.
Perché?
Perché aveva dette le stesse cose, le stesse parole che hanno fatto di Mussolini il padrone d'Italia. E le aveva dette in tono minore!
Ma ora il figlio può tornare. E' in viaggio. Un viaggio nella notte perché siamo in tempi tenebrosi.
E' in treno che torna...
E torna chiuso in una bara nella quale di lui forse non vi è che la testa, la bella testa altera e pensosa. La testa che restava alta in un'epoca in cui la vigliaccheria è chiamata virtù civica.
L'attesa però è lunga anche se le notti d'estate, di questa estate di maturazione, sono corte...
E nell'attesa la madre ricorda e racconta. Vi è tanta gente intorno a lei che non si vede e che anch'essa singhiozza aspettando inginocchiata nell'ombra!
Ricorda la madre e dice con quel modo di dire carezzevole che sembra una nenia e che è proprio dei vecchi e dei fanciulli:
"Il primo giugno scorso andai a Padova per la fiera, e gli scrissi di là perché mi raggiungesse all'albergo per stare qualche giorno insieme tranquilli. "Mi porterai in giostra", aggiunsi per farlo ridere, perché egli sapeva che io, nonostante la mia età e i miei acciacchi, conservavo ancora questa innocente mania. Mi rispose che non poteva venire, ma mi promise che il 16 dello stesso mese si sarebbe recato a Verona e là ci saremmo trattenuti insieme a lungo. Forse in quella occasione l'avrei convinto a fare una scappata alla sua casa di Fratta. Il destino ha voluto che ci tornassero solo le sue povere ossa."
E qui una lunga pausa per un groppo di pianto. Poi fioca la voce della madre dolorosa torna a balbettare:
"Ora il mio Giacomo torna e so io quello che bisogna fare per riceverlo. E' l'ultima fatica della mia travagliata esistenza. Dopo non mi resta altro da fare che andare a raggiungerlo."
Nell'ombra braccia robuste si protendono nell'offerta di se stesse. Voci rauche di uomini del lavoro dicono: monteremo noi la guardia al sepolcro. Tu riposa, o santa madre... I nostri petti cerchieranno la tua casa.
Ma la madre replica:
"Non importa, benedetti! Quando Giacomo sarà qui, mi metterò io sulla soglia della casa e introno non sarà che pianto..."
Albeggia...
Lontano un corteo si snoda e sembra nelle prime luci mattutine un corteo di altri tempi.
Così all'alba dovevano sfilare, sbucando dalla nebbia, nella campagna romana i primi cristiani che ritornavano dal Circo cogli avanzi di un loro martire sbranato dalle belve... Così...
E il corteo avanza. Corone e corone. Eppoi una bara. E per un giuoco di luci quella bara ingrandisce sempre più, giganteggia...
I singhiozzi della madre si fanno più laceranti, poi d'un tratto, mentre gli occhi arsi, gli occhi che non hanno più lacrime, guardano dall'altra parte, lontano, verso il sud, si fondono in un urlo tremendo: Assassini! Assassini!
E quell'urlo l'Italia tutta lo ha inteso. E ha capito.
Gigi Damiani
"El me scriveva sempre... El me diceva: Cara mama... Come te vojo ben!... Oh si, tanto ben el me voleva... E l'ha vossuto venir quassù a trovarme morta!... El riposerà coi so cari... visin ai so compagni..." La Madre
Con un rettangolo fiammante di luce una porta si è aperta nella notte e su quel rettangolo si è profilata, fatta avanti, a scrutar fuori, una donna.
E' un'ombra che guarda nell'ombra: nell'ombra che scende sul giardino di Europa. Intendete bene: sull'ombra di Europa e non sul cinese giardino dei supplizi... Certe distinzioni è necessario farle perché i fatti potrebbero provocare confusioni... di paesi e di sistemi.
Noi non siamo in Cina, o signori, noi siamo nel giardino d'Italia, nella patria di Beccaria!
Ma non gridiamo alto, non rompiamo con le nostre voci di amarezza il silenzio lugubre di questa notte italiana.
Il silenzio? Ma qualcuno singhiozza ed il singhiozzo sembra un rantolo. Non udite forse?
Si, udiamo. Ed ascoltiamo anche quelli che sono lontani. Quel singhiozzo non è la pausa di un pianto che dura da due mesi. E' il rintocco lugubre di una campana colossale che suona a morto. Direte che il suo suono è flebile e che è destinato a perdersi nell'aria umida della campagna che si allarga all'intorno... No, no: quel suono che è un rantolo in questo stesso momento si ripercuote in tutti gli echi d'Italia e chiama ad un funerale che è una resurrezione.
E' una madre, o signori, che piange.
Una madre? Quante madri non piangono così; quante non hanno pianto come quella in questi ultimi tre anni?... Quante... meno una; meno quella che a Carrara non ebbe tempo per piangere, perché fu pugnalata sul cadavere caldo del figlio?
Giusto; voi dite giusto.
Ma questo non toglie che la storia, di tanti in tanti secoli, in una data ora, ci dia la mater dolorosa, che diventa un simbolo, perché si trasforma nell'umanità che piange su di un cadavere che risuscita e sopravvive come un mito.
- Fantasia... letteratura... vaneggiamenti... la realtà vera è più piccola; triste, ma più piccola. La realtà vera...
- Come volete. E diciamo pure, se ciò può tranquillizzarvi, anzi accecarvi, diciamo pure che la sola realtà vera è il profilo scuro di quella donna che spezza quel rettangolo di luce, in quella porta aperta sulla notte.
Una donna come altre donne, se vi accomoda; una madre, come tante altre madri... Vedete! Niente di straordinario. Le sue braccia si aprono come se dovessero abbracciare qualcuno... e restano aperte così in un'attesa che sarà di ore. Quella madre attende...
Attende da tre anni. Attende un esule, un messo al bando: suo figlio. Da tre anni ha dovuto allontanarsi dalla terra che lo vide nascere e crescere: dalla ristretta terra paesana.
Una volta in tempi borbonici e croati si era esiliati fuori dalla patria: oggi dopo Vittorio Veneto, si è esiliati dentro la patria. Ogni città d'Italia oggi alberga i profughi di un'altra città d'Italia. I cultori della Famiglia, con lettera maiuscola, spezzano con l'accetta del fascio littorio la famiglia vera, quella con la lettera minuscola, ma cogli affetti che sanno tutti gli spasimi e tutte le speranze. E non perché vi sia una legge d'eccezione che imponga l'abominio di mille domicili coatti.
Ma perché vi sono degli ex-internazionalisti che così vogliono, per dimostrare che nella loro baronia il padrone - e becero e tracotante - sono me.
Si dice: anche nel medio evo era così.
Dante da Firenze andò a macerare l'esilio a Ravenna. Ma allora perché si nega la retrocessione storica?
Il medio-evo? Non calunniamolo: ha in suo favore troppe eccezioni. Era largo di salvacondotti per chi doveva asciugare una lacrima, o seppellire una persona cara. Allora si poteva qualche volta tornare nella piccola patria senza essere vilipesi, sputacchiati e ricacciati via a bastonate. In ogni caso: allora il bando era legale. Chi lo affrontava lo aveva previsto. Oggi no. Oggi la legge punisce chi obbliga violentemente altri ad allontanarsi dal paese natio... Ma... credete alle leggi!
Vero che se gli anarchici vi dicono che esse sono una burla atroce, non mancano giudici che condannano gli anarchici. Ma nella realtà della vita che oggi si vive in Italia, la legge scritta è una ipotesi, mentre il bando è il fatto vero che non si smentisce anche se i commissari di P.S. strappano dalle corone votive i nastri su cui è un distico che parla di profughi...
Ma non facciamo il processo al regime.
C'è il sequestro.
C'è la prigione.
C'è il randello.
C'è la rivoltella.
Ovverosia: c'è l'era nuova. Inorridite, ma tacete. Chi tace consente.
Però in Italia anche i morti cominciano a parlare. Fatalmente. Perché è nella sua storia e nei suoi canti...
Ricordate?
"Si scopron le tombe...
si levano i morti..."
Ma ritorniamo a quella madre che attende, che scruta nella notte. Aspetta il figlio; il figlio che non poteva tornare.
Italiana lei, italiano il figlio... ambedue viventi in Italia. Ma lui da tre anni non poteva, non doveva tornare nella casa paterna.
Perché?
Perché aveva dette le stesse cose, le stesse parole che hanno fatto di Mussolini il padrone d'Italia. E le aveva dette in tono minore!
Ma ora il figlio può tornare. E' in viaggio. Un viaggio nella notte perché siamo in tempi tenebrosi.
E' in treno che torna...
E torna chiuso in una bara nella quale di lui forse non vi è che la testa, la bella testa altera e pensosa. La testa che restava alta in un'epoca in cui la vigliaccheria è chiamata virtù civica.
L'attesa però è lunga anche se le notti d'estate, di questa estate di maturazione, sono corte...
E nell'attesa la madre ricorda e racconta. Vi è tanta gente intorno a lei che non si vede e che anch'essa singhiozza aspettando inginocchiata nell'ombra!
Ricorda la madre e dice con quel modo di dire carezzevole che sembra una nenia e che è proprio dei vecchi e dei fanciulli:
"Il primo giugno scorso andai a Padova per la fiera, e gli scrissi di là perché mi raggiungesse all'albergo per stare qualche giorno insieme tranquilli. "Mi porterai in giostra", aggiunsi per farlo ridere, perché egli sapeva che io, nonostante la mia età e i miei acciacchi, conservavo ancora questa innocente mania. Mi rispose che non poteva venire, ma mi promise che il 16 dello stesso mese si sarebbe recato a Verona e là ci saremmo trattenuti insieme a lungo. Forse in quella occasione l'avrei convinto a fare una scappata alla sua casa di Fratta. Il destino ha voluto che ci tornassero solo le sue povere ossa."
E qui una lunga pausa per un groppo di pianto. Poi fioca la voce della madre dolorosa torna a balbettare:
"Ora il mio Giacomo torna e so io quello che bisogna fare per riceverlo. E' l'ultima fatica della mia travagliata esistenza. Dopo non mi resta altro da fare che andare a raggiungerlo."
Nell'ombra braccia robuste si protendono nell'offerta di se stesse. Voci rauche di uomini del lavoro dicono: monteremo noi la guardia al sepolcro. Tu riposa, o santa madre... I nostri petti cerchieranno la tua casa.
Ma la madre replica:
"Non importa, benedetti! Quando Giacomo sarà qui, mi metterò io sulla soglia della casa e introno non sarà che pianto..."
Albeggia...
Lontano un corteo si snoda e sembra nelle prime luci mattutine un corteo di altri tempi.
Così all'alba dovevano sfilare, sbucando dalla nebbia, nella campagna romana i primi cristiani che ritornavano dal Circo cogli avanzi di un loro martire sbranato dalle belve... Così...
E il corteo avanza. Corone e corone. Eppoi una bara. E per un giuoco di luci quella bara ingrandisce sempre più, giganteggia...
I singhiozzi della madre si fanno più laceranti, poi d'un tratto, mentre gli occhi arsi, gli occhi che non hanno più lacrime, guardano dall'altra parte, lontano, verso il sud, si fondono in un urlo tremendo: Assassini! Assassini!
E quell'urlo l'Italia tutta lo ha inteso. E ha capito.
Gigi Damiani
La Difesa delle Lavoratrici, Giornale delle Donne Socialiste |
Commenti
Posta un commento